Appello al Presidente Giorgio Napolitano

6 settembre 2010


in occasione della fine del mese di Ramadan

6 settembre 2010 / 27 Ramadan 1431, Laylat al Qadr

Illustre Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano,

È tempo di auguri anche per la comunità religiosa islamica italiana.

Sono appena rientrato da Istanbul dove l’OCI, Organizzazione della Conferenza Islamica, mi ha invitato a partecipare come rappresentante dell’Islam Italiano alle celebrazioni del Corano in questa ultima settimana del mese di Ramadan nel quale tutti i musulmani osservanti praticano il digiuno dall’alba al tramonto. Un precetto questo del digiuno che lega simbolicamente molti fedeli di varie tradizioni religiose in Oriente come in Occidente.

In quella città storica che unisce l’Europa e l’Asia Minore ho incontrato il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e il Primo Ministro turco Erdogan che ha aperto i lavori dell’incontro internazionale sul Corano richiamando gli Stati membri dell’OCI a intensificare gli sforzi a sostegno delle esigenze di sopravvivenza del popolo pakistano e per la ricostruzione dei villaggi drammaticamente colpiti dalle pesanti alluvioni.

Le celebrazioni del Corano sono iniziate sabato 4 settembre con l’inaugurazione del Museo di Arte Islamica e Turca che presenta una preziosa collezione delle prime copie manoscritte del Corano esposte a pochi passi dal Palazzo Topkapi sede dello storico Califfato Ottomano.

Non si tratta certo per i musulmani contemporanei di avere una nostalgia ideologica per quel lontano passato cercando artificiose ricostruzioni che hanno segnato tragicamente le involuzioni di molte civiltà alla ricerca di “radici” perdute che troppo spesso si vorrebbero imporre “a tutti” con l’uso di “leggi razziali” o “pulizie etniche” o “lapidazioni” privi di reale fondamento.

Alle celebrazioni sul Corano a Istanbul hanno partecipato i ministri degli affari religiosi di Algeria, Azerbaijan, Bangladesh, Kuwait, Mauritania, Senegal, Sudan e Turchia insieme ai rappresentanti musulmani provenienti da tutto il mondo. L’insieme di queste delegazioni ha concluso le celebrazioni ritirandosi in preghiera domenica alla moschea Sultan Ahmet, la “Moschea blu” accanto alla Basilica di Santa Sofia, dove si è svolta la tradizionale veglia di commemorazione della ventisettesima notte di Ramadan, la notte nella quale, secondo la tradizione, la Rivelazione del Corano è stata trasmessa al Profeta Muhammad.

Questa universalità o interculturalità della confessione islamica rappresenta il principio fondante della nostra comunità religiosa, senza un clero e unita dalla fedeltà ai riti della testimonianza religiosa al Dio Unico, della preghiera, del digiuno, dell’elemosina e del pellegrinaggio. La civiltà tradizionale islamica nella sua evoluzione storica non ha mai condiviso nulla con le istanze bigotte degli estremisti di turno. Al contrario è proprio questo principio di unità nella diversità a garantire il rispetto e lo sviluppo anche degli adattamenti regionali o nazionali dei musulmani nella armoniosa integrazione dei principi spirituali con le responsabilità civili specifiche di ogni contesto storico, politico, culturale e sociale.

Sono nati così uomini e donne di scienza di religione ebraica, cristiana e anche musulmana come Ibn Battuta, Al-Ghazali, Avicenna e Averroè, Al-Jazari, Ibn Firnas, Al-Idrisi, Ibn ‘Arabi che hanno contribuito al progresso scientifico dell’umanità. Ma nascono anche modelli di “integrazione sociale” o come preferiscono chiamarli nel sud-est asiatico “modelli di eccellenza nella cittadinanza democratica” che permettono alle minoranze musulmane a Singapore, nel Sud Africa, in Polonia e Russia, negli Stati Uniti d’America e in Australia di essere pienamente riconosciute e contribuire attivamente, senza discriminazioni né assimilazioni, al Bene Comune.

E in Occidente? Ci auguriamo che la imminente fine del mese di Ramadan che sancisce a giorni la festa più importante del calendario dei fedeli musulmani nel mondo possa dare inizio ad un nuovo ciclo di sensibilità istituzionale e politica anche in Italia dove, da un lato, non prevalgano il folclore tribale o la demonizzazione proprio come, per la maggioranza dei cittadini italiani di fede islamica e di tutti i musulmani in Italia, prevale invece la legittima speranza di libertà religiosa nel rispetto dell’ordinamento dello Stato.

Il mio caro amico Presidente Francesco Cossiga mi rinnovava questa visione lungimirante ogni anno quando mi faceva gli auguri per la festa di fine Ramadan. Speriamo quest’anno che Lei, signor Presidente, voglia seguire il nobile esempio di un Suo predecessore e far sentire il Suo prezioso sostegno per l’avvenire di tutti i musulmani e le musulmane che si riconoscono in questi valori della cittadinanza e dell’integrazione.

Gradisca l’espressione dei nostri migliori saluti e voti di Pace

Imam Yahya Pallavicini

Vice Presidente, Comunità Religiosa Islamica CO.RE.IS. Italiana