Dalla Gerusalemme terrestre alla Gerusalemme celeste

GERUSALEMME, 26 maggio 2014


Intervento pronunciato a Gerusalemme presso la YMCA (Young Men’s Christian Association / Associazione Giovanile Maschile Cristiana) in occasione della visita in Terra Santa di Papa Francesco (26 maggio 2014) dallo Shaykh ‘Abd al-Wahid Pallavicini.

Nel gennaio 2010 ero alla Sinagoga di Roma ad ascoltare il Papa nella sua prima visita al Tempio ebraico. Accanto a me sedeva un ebreo israeliano che aveva notato che il Pontefice non accennava mai a Israele ma parlava della Terra Santa. Avrei voluto ribattere che anch’io non avevo mai sentito menzionare l’Islam, parola che in principio significa «sottomissione alla Volontà di Dio», tanto che anche ebrei e cristiani sottomessi alla Sua volontà potrebbero essere chiamati «musulmani». Fortunatamente mi sono trattenuto perché, poco dopo, nel suo discorso, il Rabbino Capo di Roma ci ha chiarito che il termine «Terra Santa» non significa che sia questa terra ad essere santa, ma che è invece la terra di Colui che è il Santo, Kadosh in ebraico, Dio stesso. La coincidenza geografica dei luoghi santi a Gerusalemme, dove è celato il Santo dei Santi del Tempio di Salomone e dove si trovano il Santo Sepolcro di Cristo e il luogo dell’ascensione al cielo del Profeta Muhammad, cioè proprio dalla roccia del sacrificio di Abramo, corrisponde alla coincidenza sacrale e genetica delle rivelazioni ebraica, cristiana e islamica, che proprio nel loro comune patriarca Abramo vedono anche l’origine delle stirpi di Isacco e Ismaele, suoi figli, dai quali discendono rispettivamente Gesù e Muhammad. Non possiamo ignorare ugualmente che un maqâm Ibrahîm, e cioè una «stazione di Abramo», è presente vicino alla ka‘bah, il Tempio primordiale della Mecca, che è stato ricostruito proprio da Abramo insieme al figlio Ismaele. Verso la Mecca, infatti, tutti i musulmani, da qualsiasi parte del mondo, si rivolgono nelle loro preghiere, a partire dal momento in cui una Rivelazione divina ha mutato la qiblah, cioè la direzione, in origine volta verso Gerusalemme. È proprio questa originaria convergenza orizzontale verso lo stesso punto sacro che la Provvidenza divina sembra aver tentato di realizzare sulla superficie della nostra terra al momento della manifestazione dell’ultima Rivelazione, quello stesso luogo sacro dal quale sono ascesi al cielo verticalmente sia Gesù che il Profeta Muhammad, relativamente a quanto contenuto rispettivamente nelle dottrine cristiana e islamica. Sono probabilmente queste stesse divergenze dottrinali, dovute alle specificità particolari di ogni Rivelazione, a rendere impossibile la convergenza in terra verso un unico luogo sacro, ricordando però che il Profeta considerava le divergenze all’interno della propria comunità come delle benedizioni. Nonostante la guerra contro i Saraceni e i massacri degli ebrei, alcuni dei Crociati avevano tuttavia potuto rendersi conto che i luoghi santi non erano tali solamente per loro, ma anche per Ebrei e Musulmani. E ci fu finalmente chi come San Francesco, partito con l’intenzione di convertirli, dovette invece riconoscere ciò che è difficile da accettare ancora al giorno d’oggi, ovvero che Ebrei e Musulmani credono anche loro nello stesso ed unico Dio.
Intervento pronunciato a Gerusalemme presso la YMCA (Young Men’s Christian Association / Associazione Giovanile Maschile Cristiana) in occasione della visita in Terra Santa di Papa Francesco (26 maggio 2014).
Auspichiamo quindi che con il nuovo Papa, che non a caso ha assunto il nome di Francesco, si possa rinnovare lo spirito di Assisi, inaugurato 28 anni fa da Giovanni Paolo II, nel riunire quello che all’epoca lo stesso Dalai Lama aveva definito un dialogo fra le ortodossie. Ugualmente ci auguriamo che la recente visita di Papa Francesco a Gerusalemme sia prodromo di quella intesa al vertice che abbiamo sempre auspicato fra gli esponenti delle tre Rivelazioni del Monoteismo abramico e che abbiamo visto finalmente riuniti all’inizio di questo mese grazie all’ospitalità della Provincia di Milano. Sappiamo che non sono mai state le religioni a scontrarsi fra loro, mentre ci sono sempre stati coloro che hanno strumentalizzato le religioni per fini egemonici e politici, e oggi si tende a rivestire di una connotazione religiosa anche i blocchi di potere che si sono già contrapposti politicamente in tempi recenti. Sarebbe necessario lasciare invece le religioni al di fuori della politica perché il pericolo sta proprio nella tendenza che le costanti o eventuali future guerre fra i popoli non pretendano di finire con il proclamarsi «sante», quando la vera santità è quella che fa dell’uomo la creatura destinata alla conoscenza di Dio nell’estinzione della propria individualità. Dovremmo ricordare che il significato della parola «religione» è quello di stabilire un ricollegamento fra l’uomo e Dio, che il suo scopo essenziale è la santità, e che i santi di tutte le religioni non hanno mai tentato di cambiare il mondo, ma l’hanno sempre considerato una prova da superare in vista di una purificazione, condizione per l’unione con Dio. Si tratta allora di ritrovare il centro di noi stessi, partendo proprio dai luoghi che ne abbiano ricevuto la grazia, quei luoghi di cui avremmo dovuto parlare qui oggi, quella «città della pace», quella Gerusalemme, presente nei nostri cuori, quella «città del mezzo», ago della bilancia, il mizan, centro della nostra esistenza, centro del vero «Oriente», l’Oriente medio, il «Medio Oriente». Stiamo attenti, quindi, alle tendenze pacifiste che promuovono la costituzione di un « paradiso in Terra » a tutti i costi, poiché non sono sufficienti né la tolleranza verso ciò che è ancora oggi straniero e sconosciuto, né la non belligeranza tra comunità religiose che pretendano di identificarsi unicamente con i loro particolarismi etnici, né infine la definizione di frontiere geografiche o gli «accordi storici», per raggiungere quella pace che è stata promessa a noi tutti dal Messia. A duemila anni dalla sua nascita e nell’attesa del suo ritorno alla fine dei tempi, ricordiamoci che, al di là dell’escatologia comune a tutte le vere rivelazioni, vi è anche la nostra escatologia personale, anch’essa comune a noi tutti. «Mostreremo i loro segni sugli orizzonti e in loro stessi, sino a che risulti evidente che Egli è la Verità», dice Dio nel sacro Corano (XLI, 53); e come uomini e donne nati in Occidente in quella croce spaziotemporale segnata dalla prima venuta di Gesù, ci compete di saper attendere la parusia di quella vera seconda venuta che sola, attraverso una riaperta Porta d’Oro a Gerusalemme, potrà veramente riconciliarci in Dio.
Assalamu ‘alaykum wa rahmatullahi wa barakatuh, La Pace e le Benedizioni di Dio siano con tutti voi.

Shaykh ‘Abd al-Wahid Pallavicini