Islam e fondamentalismo

AOSTA, 24 marzo 2016


Idris ‘Abd al-Razzaq Bergia
Responsabile per il Piemonte
CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

Bismi-Llâhi-r-raHmâni-r-raHîm
Nel nome di Dio il Misericordioso nella trascendenza, il Misericordioso nell’immanenza

Buonasera a tutti. Ringrazio tutti i presenti e gli organizzatori per questo momento di incontro e di possibilità di testimonianza su temi di attualità, Islam e fondamentalismo, Oriente e Occidente, esclusivismo ed intolleranza, anche violenti, da una parte, dialogo costruttivo e incontro tra le varie fedi dall’altra.
Da molti anni la nostra comunità, la COREIS Italiana, Comunità Religiosa Islamica, è attiva nel promuovere testimonianze di pace e di reciproco riconoscimento tra fedi ortodosse, rivelate dal medesimo ed unico Dio, al quale tutti i veri credenti si rivolgono nella preghiera e nella retta intenzione, secondo le diverse forme che Lui stesso ha rivelato nel corso della storia. Non escludendo dal dialogo la società civile e i non credenti.
Per aiutarci a conoscere l’Islam in modo non superficiale può essere interessante cominciare chiedendosi chi sia il Profeta Muhammad (saws).
Muhammad, nacque nella città di Mecca intorno al 570 dc in seno ad una famiglia che discendeva direttamente da Kedar, capostipite degli arabi e figlio del profeta Ismail, Ismaele, figlio a sua volta di Abramo (as). La tradizione narra la successione di queste generazioni riportando che sul volto degli avi del Profeta Muhammad (saws) si manifestava una luce che li abbandonava ogniqualvolta nasceva loro un discendente.
Questa luce viene chiamata nell’Islam Nur Muhammadi, ed è la luce della Profezia, presente prima ancora della creazione del mondo e condivisa da tutti i messaggeri divini, a cominciare da Adamo (as) primo uomo e primo Profeta per l’Islam.
Rimasto presto orfano di padre e di madre, Muhammad venne accudito prima dal nonno e poi dallo zio. In un episodio della sua infanzia si narra che un giorno, rientrato a casa, raccontò alla propria nutrice che due uomini vestiti di bianco gli avevano aperto il petto ed estratto il cuore, e che con della neve contenuta in una bacinella d’oro glielo avevano lavato eliminando una macchia nera che vi era sopra.
Questo stato di purezza primordiale si rispecchiava anche nella pratica del culto puro, monoteista, degli hunafa che la famiglia di Muhammad aveva mantenuto sin dai tempi di Ismaele, mentre la maggior parte dei meccani erano caduti nell’idolatria e avevano riempito di idoli il tempio primordiale della Kabah, ristrutturato proprio da Abramo insieme a suo figlio Ismaele (as).
Inoltre Muhammad era un ummi, un illetterato, anche quando ricevette all’età di quarant’anni, durante un ritiro spirituale, la Rivelazione del Corano, che significa “recitazione”.
Il Corano è, secondo la nostra fede, Parola di Dio, discesa in un Libro perfetto. È un Libro in senso archetipico, perché non è la scrittura, ma la recitazione, soprattutto quella rituale eseguita cinque volte al giorno durante le preghiere, a renderlo vivo ed efficace.
La profezia e i libri trasmessi da Dio, fra i quali la tradizione islamica menziona la Torah, i Salmi e il Vangelo, sono fra i cardini della fede e rappresentano due gradi della comunicazione fra Dio e l’umanità che si perpetua nei secoli.
Questa comunicazione è rappresentata dalla Din al-Qayyima, la Tradizione primordiale, di cui si parla nel Corano, che comporta l’adorazione dell’Unico Dio, la preghiera e l’elemosina ed è stata rinnovata nel corso della storia da tutti i messaggeri divini, da Adamo fino a Muhammad, passando, fra i molti, da Mosè e Gesù (as). Lo stesso Islam ne è una manifestazione, tanto che la parola Islam significa sottomissione alla volontà di Dio nella pace, e in questo senso anche ebrei e cristiani sottomessi alla volontà di Dio potremmo chiamarli letteralmente muslimun.
Se Muhammad è considerato islamicamente il Sigillo dei Profeti, dopo il quale non ne verranno più altri, ‘Isa (as), ovvero Gesù, è tuttora atteso come Sigillo della Santità e Annuncio dell’Ora alla Fine dei tempi per un’escatologia che accomuna tutti gli uomini e le dottrine di ogni Rivelazione.
Sayidna ‘Isa (as) verrà come giudice, e non sarà confuso con l’impostore, cioè l’Anticristo, da coloro che resteranno fedeli allo Spirito. Un titolo di Gesù nell’Islam è simbolicamente proprio quello di Ruh Allah, Spirito di Dio, atteso sia dai Cristiani che dai Musulmani e, come Messia, dagli Ebrei.
Questa convergenza della diversità nell’Unità è molto rilevante anche internamente all’Islam stesso. Il Profeta Muhammad (saws) disse: “Le differenze nella mia comunità sono una Rahma, una Misericordia”. Nell’Islam ci sono più scuole che raccolgono con sfumature differenti gli insegnamenti del Profeta e dei suoi compagni, dando luogo a pratiche leggermente diverse diffuse fra i musulmani, e tutte ugualmente valide e riconosciute.
Anche qui, alcuni elementi fondamentali rimangono invariati, anche da un punto di vista pragmatico, i cinque pilastri del culto sono per tutti: la Testimonianza di Fede, la preghiera cinque volte al giorno, l’Elemosina rituale, il Digiuno nel mese di Ramadan e il Pellegrinaggio alla Mecca in un mese specifico, se possibile una volta nella vita. Aldilà di questi fondamenti, la tradizione è di una ricchezza inesauribile e la sua saggezza continua a ispirare i credenti nella vita, nella morte, nell’amore, nella famiglia, e non si limita certo a delle prescrizioni alimentari o al simbolo del velo.
Questa Misericordia sovrabbondante che si manifesta nella diversità di sensibilità fra fratelli o fra uomo e donna, è un segno divino che dovrebbe ricordare ai timorati che non si possono applicare le proprie ideologie alla religione per renderle assolute e esclusiviste.
La fedeltà alla dottrina e l’intercessione dei sapienti e dei santi provoca delle aperture che bisogna avere il coraggio di sostenere. La COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, di cui facciamo parte, cerca di promuovere e testimoniare proprio una di queste aperture con una ormai rara sensibilità ecumenica, nel riconoscimento della validità salvifica delle altre religioni, cosa che potrebbe ispirare anche i fedeli di altre confessioni a realizzare un vero dialogo in Suo nome, in nome di Dio.
Un altro segno di questa ricchezza è infatti rappresentato proprio dalla presenza di vie di contemplazione interiore, vie che in Occidente sono conosciute con il nome di Sufismo, che si concentrano proprio sull’invocazione del Suo Santo Nome. Queste vie sono per coloro che intendono andare in profondità, risalendo grazie alla Luce profetica e alle benedizioni dei santi, la strada che conduce fino a Lui, ad Allah, Iddio.
Tornado a quanto detto poco fa se le diversità sono una benedizione non così sono le divergenze. Quelle di coloro che vorrebbero negare la misericordia imponendo la propria visione schematica e letteralista della religione a tutti e a tutti i costi. Queste strumentalizzazioni formalistiche che non solo negano la diversità, ma tradiscono il rapporto con il Profeta e i suoi insegnamenti che i sapienti, e non gli ignoranti, hanno potuto ritrasmettere in modo autentico.
Uno degli esempi più grossolani, ma insidioso, di questa strumentalizzazione della dottrina da parte dei fondamentalisti islamisti è l’interpretazione del termine jihad. Il significato di tale termine è quello di “sforzo”, l’impegno continuo ed ininterrotto che il credente deve operare per il combattimento interiore contro l’anima passionale, nella via che porta alla prossimità divina. La misinterpretazione di questo importante concetto porta all’appiattimento ed alla deformazione della prospettiva metafisica che ne costituisce il necessario supporto e ciò che rimane è una interpretazione letterale dei testi e delle fonti della religione, che, come dice San Paolo, “uccide” il vero spirito della tradizione, portando ai tristi risultati che oggi possiamo vedere in molte parti del mondo.
L’esempio dello “sforzo interiore”, la jihad, ci permette di iniziare a cercare di capire come si possa passare dai “fondamenti” al “fondamentalismo”, dalla fede alla violenza. Dall’Islam come religione all’islamismo come ideologia totalitaria. Come è possibile che vi siano della persone che citando formule sacre, ed in nome di esse, esprimano una violenza coercitiva nei confronti dell’Umanità, siano essi non credenti, credenti della propria stessa fede o in altre tradizioni ortodosse, con l’obiettivo di estirpare quello che loro credono un “errore”, laddove è lo stesso Corano che prescrive il rispetto di tutte le tradizioni, anche se espresse in altre forme religiose?
Potremmo dunque chiederci: in nome di chi si trasforma una fede vissuta nella costante ricerca della Pace, al-Salam, in una guerra violenta contro altri uomini, colpevoli di non appartenere alla “propria” religione, secondo la “propria” prospettiva? Un certo tipo di “informazione” diffusa, nella forma di insinuante propaganda, non ha dubbi in proposito: in nome di Dio. Ma è necessario chiedersi: in nome di quale dio? Non è certo del Dio Unico di tutte le religioni ma di un idolo forgiato da uomini ad immagine del proprio io individuale.
La forma della Rivelazione divina deve essere necessariamente accompagnata, e questo è imprescindibile nell’Islam come nelle tradizioni ortodosse precedenti, da una interpretazione sapienziale che si tramanda dall’Inviato che Dio ha scelto per rivelarSi, per velarSi nuovamente in una provvidenziale forma religiosa nuova per i rispettivi tempi di manifestazione, per giungere fino al credente attraverso una catena ininterrotta di ritrasmettitori che hanno avuto, nel corso dei secoli, il compito di conservare e riadattare ai tempi la luce della Verità contenuta nel messaggio sacro. É ciò che nel cristianesimo è conosciuto come “successione apostolica”, e che nell’Islam si esprime con l’insegnamento del Profeta Muhammad: “i sapienti sono gli eredi dei Profeti”. È proprio la ritrasmissione autentica della sapienza profetica, da Dio stesso rivelata originariamente al Profeta Muhammad, nella sua essenza più profonda, la base sicura sulla quale il musulmano poggia nel suo operare nel mondo, nella aspirazione alla Conoscenza del suo Signore. Dio dice nel Sacro Corano: “… Dì: ‘Sono forse uguali coloro che sanno e coloro che non sanno?’..”’ (AlZumar, 39:9). “… Chiedete dunque alle Genti del Ricordo, se non sapete” (Al-Anbiya’, 21:7) esplicito riferimento al sufismo, le Genti del Ricordo e ancora: “… Se riferissero all’Inviato e a quelli tra di loro che hanno l’autorità, comprenderebbero, coloro che sono capaci di riflettere sulle cose …” (Al-Nisa’, 4:83). E’ chiaro che solo i sapienti hanno la possibilità, il diritto ed il dovere di esprimersi con autorevolezza a riguardo della religione e sull’interpretazione del testo Sacro. Dio dice nel Corano: “… Ma solo le genti d’intelletto ricordano” (Al- Ra’d, 13:19). E il profeta Muhammad disse: “Chiunque parla del Corano senza scienza, dovrebbe aspettarsi un suo posto nel Fuoco”.
Caratteristica comune a tutti gli estremismi che storicamente si sono manifestati nel mondo islamico è proprio quella di combattere tale ritrasmissione, perseguitando ed uccidendo i sapienti e i musulmani ortodossi che non si piegano alla ideologia fondamentalista distruggendo moschee e tentando di interrompendo in tal modo la catena sacra che garantisce una ortodossa interpretazione della dottrina, che li delegittima totalmente. Credo non sia vano ricordare che secondo i dati riportati dal New York Times alla fine del 2015 ben il 97,8% delle vittime del fondamentalismo islamista sono musulmani. L’osservanza dei precetti, i pilastri, e dell’esempio profetico, la sunnah, così come la
Recitazione Coranica, i “fondamenti” della pratica della religione islamica, devono necessariamente essere accompagnati dalla luce dello Spirito, secondo la sapienza profetica che, come detto, viene ritrasmessa nel corso dei tempi dai sapienti. Se viene a mancare tale luce, si dimentica il fine ultimo della religione, e gli stessi strumenti, i fondamenti religiosi appunto, prendono il posto del vero scopo del culto, diventano oggetto idolatrico di rigida e cieca osservanza. La ricerca dei “fondamenti” dell’Islam, di una purezza originaria della fede del tutto illusoria e slegata dalle contingenze del mondo in un cui Dio ci ha posti ha portato, ai giorni nostri alla degenerazione del “fondamentalismo”, fondamentalismo che non è scevro da istanze di rivalsa culturale e politica nei confronti dell’Occidente e che non di rado da origine a forme aberranti di terrorismo; esso, come tutti gli “ismi”, non ha più nulla a che vedere con la realtà religiosa originaria dalla quale parte, ma ha portato alla nascita di
movimenti organizzati, il più evidente ed operativo dei quali oggi, vicino all’Occidente, è quello dei “Fratelli Musulmani”.
Di fronte all’interpretazione sapienziale ortodossa che da sempre le scuole tradizionali autentiche hanno ritrasmesso, di riconoscimento e protezione delle precedenti tradizioni monoteistiche, caratteristica comune delle tendenze fondamentaliste, nell’Islam ma anche in altri ambiti religiosi, è quella del negare l’autenticità delle altre rivelazioni considerando la propria, come la più “perfetta” o l’unica “vera”, quasi come se Dio avesse “dato” una sola vera religione e lasciato il resto, la maggioranza dell’umanità il balia di rivelazioni “imperfette” o “parziali”, il che è naturalmente una assurdità sia su un piano principiale e metafisico che su quello dottrinale. La conseguenza più immediata di questo aberrante deviazione è che il fondamentalismo islamista vuole portare, anche con la forza e la coercizione, gli altri al proprio errato pensiero individuale, convertendo con la violenza, laddove è lo stesso Corano, la Rivelazione di Dio, che recita “la ikra fi-d-din”, “non vi è coercizione nella Religione”. Numerosi sono infatti, sia nel Corano che nell’esempio profetico, la sunnah, fonte del diritto islamico, i passi e i detti che vietano esplicitamente l’utilizzo della violenza per la conversione e non solo, recita il Sacro Corano, 5:32 “Chiunque uccida un uomo, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera . E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità”.
Il fondamentalismo islamista sminuisce anche fortemente l’importanza stessa della figura del Profeta Muhammad, l’Inviato di Dio, togliendo valore al suo esempio vissuto e ritrasmesso dai sapienti, la sunnah, questo spiana la via ad una lettura formalista e bigotta, svuotata del senso più vero e più profondo, del Corano. Fu infatti proprio il Profeta a dare l’importantissimo esempio di riconoscimento delle precedenti Rivelazioni proteggendo con le sue stesse mani, in un gesto simbolico di valenza universale, dalla distruzione l’immagine della Vergine Maria con il bambino Gesù fra le braccia, custodita nella sacra Casa di Dio a Mecca durante la distruzione degli idoli di cui tale Casa era stata riempita dagli meccani idolatri. Vi sono stati nel corso della storia diversi esempi di sapienti musulmani che hanno testimoniato il riconoscimento, ed in alcuni casi ne hanno addirittura preso la difesa armata, dei fratelli credenti del monoteismo abramico; è il caso dell’emiro Abd al-Qadir, che nel 19.mo secolo in Algeria prese parte alla resistenza armata contro la feroce colonizzazione francese, e non esitò a prendere pubblicamente le difese, rischiando la vita propria e della sua comunità di discepoli, di una comunità di cristiani, minacciati proprio dai fondamentalisti che ne volevano l’eliminazione fisica. Contrariamente alle teorie dei fondamentalisti, il riconoscimento delle altre religioni è nel DNA stesso dell’Islam, mentre il dialogo con esse è un obbligo; recita il sacro Corano, nella sura 2 vers. 136-137: “«Dialogate con belle maniere con le genti del Libro e dite loro: “Crediamo in quello che è stato fatto scendere su di noi e in quello che è stato fatto scendere su di voi, il nostro Dio e il vostro sono lo stesso Dio ed è a Lui che ci sottomettiamo”».
Di fronte ad una così chiara ed incontrovertibile Parola rivelata da Dio, come è possibile rifarsi al Corano per perseguitare le genti del Libro, ovvero cristiani ed ebrei, ma naturalmente qualunque vero credente in una Rivelazione ortodossa da Dio trasmessa secondo Verità. Ed infatti ricordiamo che al-Haqq, la Verità, è Lui stesso: Huwa al-Haqq, Lui è la Verità, e non ciò che noi immaginiamo o pensiamo. Le dottrine teologiche sono necessariamente differenti nelle diverse Rivelazioni, con una intrinseca coerenza, riadattata sapienzialmente nel tempo, che permette di avvicinarsi a Lui secondo forme appunto diverse, ma la Verità è una sola, ed è ad essa che tutti i credenti si rivolgono. «Ad ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Iddio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone: tutti ritornerete a Dio ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali ora siete discordi» recita ancora il Sacro Corano, e la “gara” non è nella presunta perfezione della propria personale visione delle cose, ma nelle buone opere che Lui stesso ha indicato a tutti i credenti.
Un’ultima questione che è doveroso trattare questa serata riguarda la critica che da più parti spesso si sente rivolta al mondo islamico, di non fare abbastanza per tentare di arginare le derive radicaliste ed il terrorismo.
In realtà le iniziative sono innumerevoli, sia a livello nazionale che internazionale e la Coreis partecipa come parte attiva, spesso come ente promotore ad esse, iniziative a diverso livello, dal dialogo interreligioso con le altre tradizioni religiose, al dialogo intrareligioso, per esempio la Coreis è fra le comunità islamiche che a Torino hanno firmato il Patto di condivisione, che comporta diritti e doveri, con il Comune della Città. I membri della Coreis sono continuamente impegnati in conferenze e testimonianze per far conoscere la realtà dell’islam e per combattere ogni forma di radicalismo e violenza. Per gli stessi scopi la COREIS ha stipulato un’intesa con il M.I.U.R. Ministero Istruzione Università e Ricerca per favorire l’educazione interculturale e l’integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado.
Inoltre la Coreis negli anni è stata parte attiva in innumerevoli iniziative istituzionali, da parte delle massime autorità religiose musulmane, spesso anche di concerto con autorità di altre fedi religiose, iniziative che condannano e ripudiano con forza le opere di violenza e di sopraffazione compiute nel mondo dai diversi gruppi fondamentalisti, invitando al dialogo costruttivo e di pace le differenti fedi religiose. Fra i sapienti che hanno redatto questi documenti figura sempre l’imam Yahya Pallavicini vicepresidente della Coreis, un sapiente italiano riconosciuto a livello mondiale ed anche altri membri della Coreis. Fra questi vari documenti vale la pena di ricordare il “Messaggio di Amman” del 2004, la “Lettera aperta a Sua Santità Papa Benedetto XVI” del 2006, il testo del 2007 formulato da ben 138 sapienti e guide religiose islamiche rivolto alle diverse confessioni cristiane nel mondo dal titolo: “Una
Parola comune tra noi e voi”, ed ancora, più di recente, la dichiarazione di Vienna del 2014 “Guide religiose cristiane e musulmane unite per denunciare l’ISIS e le violenze in Iraq ed in Siria”, la dichiarazione di Abu Dhabi dello stesso anno “Rifiutare l’estremismo religioso violento e promuovere un benessere condiviso”, ed altre ancora che sarebbe troppo lungo citare.
Molto importante è, sempre dello scorso anno, la “Lettera aperta ad Al-Baghdadi”, un lungo ed interessante testo firmato da 126 tra i maggiori sapienti e accademici dell’Islam di tutto il mondo, nel quale vengono confutate le argomentazioni pseudo-religiose sostenute dal gruppo definito “Stato islamico”; tale documento si fonda sulle citazioni dal Corano e sui detti profetici, e confuta in principio, esaurientemente e senza possibilità di fraintendimenti, il complesso di convinzioni ed azioni violente di questo gruppo fondamentalista.
Nel Gennaio di quest’anno, è stato il re del Marocco, Muhammad VI, a prendere una forte posizione contro la persecuzione delle minoranze religiose in alcuni paesi islamici nell’ambito di un importante congresso proprio su questo tema, svoltosi a Marrakesh. Il suo messaggio parte proprio dall’esperienza storica del suo paese, dove gli appartenenti alle differenti tradizioni ortodosse non sono mai state private dei propri diritti, e, riferendosi proprio alle cronache contemporanee, dice: “Noi non accettiamo in alcun modo che una tale negazione di diritti possa essere commessa in nome dell’Islam o da parte di un musulmano qualunque”, ricordando che è proprio il Profeta Muhammad a raccomandare di essere solidali verso ebrei e cristiani, richiamando alla “necessità di una cooperazione urgente ed ineludibile tra i seguaci di tutte le religioni”, che è ciò che deve caratterizzare lo sforzo e l’impegno di tutti noi.
Al-salamu alaykum wa rahmatullah wa barakatuh
Che la pace sia su di voi e la misericordia di Dio e le Sue benedizioni

Idris ‘Abd al-Razzaq Bergia
Responsabile COREIS per il Piemonte