Lettera a Papa Francesco

MILANO, 3 marzo 2016


Lettera indirizzata a Papa Francesco da parte del

Presidente onorario e Fondatore della Co.Re.Is. Italiana,

lo Shaykh ‘Abd al-Wahid Pallavicini

Santità,
in questo Anno Santo della Misericordia ci rallegriamo dell’invito che Le è stato rivolto
dalla Moschea di Roma per una Sua visita, che accogliamo con speranza. La città di
Roma è infatti forse la più rappresentativa del mondo, dopo quella di Gerusalemme,
per i rapporti fra l’Islam e la Cristianità. Il nostro auspicio è che possano essere
esplicitate alcune delle motivazioni che l’hanno condotta in questo nostro spazio
rituale, di modo che le pecore confuse dei nostri rispettivi greggi non abbiano più
scuse per alimentare contrapposizioni senza fondamento, basate sull’ignoranza e
sostenute da interessi oscuri.
L’Italia infatti è l’unico Paese al mondo a non riconoscere l’Islam nonostante
l’attuale presenza di circa due milioni di immigrati musulmani venuti a seguito
della costituzione di questa nostra «Comunità Religiosa Islamica» Italiana che noi
cerchiamo di rappresentare anche presso il nostro stesso governo.
Tra queste urgenti motivazioni che noi ci permettiamo di riconoscere e suggerire vi
è quella della comune fratellanza nell’andare insieme a «riparare la Mia casa che va
in rovina», secondo le parole di Gesù a San Francesco, titolo anche della lezione di
Padre Raniero Cantalamessa nella Cattedrale di Novara, in occasione della quale gli
abbiamo affidato questa nostra missiva a Lei indirizzata.
Si tratta di ritrovare l’origine dell’incontro tra San Francesco e Malik al-Kamil, il
sultano d’Egitto che, a quell’epoca poteva forse rappresentare ancora un’autorità
degna di ricevere un santo illuminato, in quanto anch’egli appartenente a un ordine
contemplativo, mentre nell’epoca contemporanea ci conviene forse diffidare dei
rappresentanti del potere di questo mondo.
All’interno del Monoteismo abramico è compito di ciascuno vigilare non solo sulla
propria fede e ortodossia, ma anche su quella dei propri fratelli, mettendo in pratica
gli insegnamenti di Gesù sulla «correzione fraterna». Solo in questo modo i piani di
colui che ci vorrebbe dividere non troveranno terreno su cui attecchire.
Dobbiamo pregare e lavorare affinché iniziative come quella della Sua presenza alla
Sinagoga e, ci auguriamo vivamente nella stessa sala di preghiera della Moschea
di Roma, possano soprattutto compattare le nostre comunità in vista della comune
attesa escatologica della seconda venuta del Cristo.
Ciò per cui noi preghiamo, Santità, è una rigenerazione spirituale che ci accompagni
ad andare verso e oltre quella Porta Santa, che Lei ha così simbolicamente aperto, sia
in Africa che in Europa, sia in Oriente che in Occidente, e sia di conforto a coloro che
rimangono coerenti con la loro vocazione originaria e a coloro che ricercano la vera
Pace, «non come la dà il mondo».
Le rinnoviamo anche per il futuro l’invito trasmessoLe personalmente a Redipuglia,
a visitare la nostra Moschea di Milano, sede dell’unica comunità islamica autoctona
contemplativa dai tempi di Federico II, condotta da mio figlio Imam Yahya, che Lei
ben conosce, dedita alla ricerca dell’Unità nella molteplicità, secondo le parole del
nostro Cardinale Angelo Scola.
In questa nostra Moschea abbiamo già organizzato da decenni incontri con la Curia
e il Rabbinato secondo un modello che auspichiamo possa in questa fase epocale
essere conosciuto e condiviso dal mondo intero, cosa che solo la Sua Santa funzione
potrebbe avallare e di cui potrebbe rappresentare un primo e ultimo esempio.
Con i più vividi voti di Benedizione e di Pace,
Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini
Presidente