Religiosi da ogni paese insieme per la “meta-crisi” del mondo moderno

Pubblicato il 24 agosto 2019

Religiosi da ogni paese insieme per la “meta-crisi” del mondo moderno

Lindau

900 rappresentanti di 10 religioni diverse da 100 nazionalità si sono riuniti per 4 giorni a Lindau, in Germania, per la 10a assemblea mondiale di “Religions for peace”


Con il tema generale “Prendersi cura del nostro futuro comune”, si è discusso soprattutto di 4 punti: come “prevenire la strumentalizzazione della religione che giustifica la violenza”, collaborare con i governi per l’abolizione delle armi nucleari, sviluppare una condivisa “Alleanza di Virtù” tra religioni e supportare l’iniziativa “Interfaith Rainforest” contro la deforestazione e il cambiamento climatico.

A margine del meeting, durante il quale è stata eletta la prima donna Segretario Generale di Religions for Peace, l’egizio-olandese Azza Karam, sono stati inoltre realizzati incontri per promuovere processi di pace nella Repubblica Democratica del Congo, nel Sud Sudan, in Nord e Sud Corea, in Myanmar e Bangladesh, seguendo le linee guida della “Marrakesh Declaration”, come si legge nella dichiarazione finale.

In quest’ultima si evidenza inoltre come “oggi stiamo assistendo ad una cosiddetta “meta-crisi” del mondo moderno, una crisi che mette in questione la stessa nozione di “verità” attraverso le “fake news”. Per contrastare questo, come religiosi, per noi il bene comune principale rimane il Sacro, anche se interpretato in modo differente”.
“Proteggeremo inoltre i luoghi sacri contro ogni la violenza – continua la Dichiarazione Finale – collaborando con l’Alleanza di Civiltà (Alliance of Civilizations) delle Nazioni Unite”.

Sessione con rappresentanti cattolici e musulmani da Myamar e Nigeria moderata dalla nuova Segretaria Generale di Religions for Peace Azza Karam


Al meeting hanno preso parte dall’Italia l’imam Yahya Pallavicini, presidente della COREIS Italiana e, fra i molti, anche il rabbino David Rosen, American Jewish Committee, il cardinale John Onaiyekan, arcivescovo of Abuja, Nigeria, Shaykh Abdallah Bin Bayyah, presidente del Forum for Promoting Peace in Muslim Societies e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.

Di quest’ultimo riportiamo a seguire alcuni passaggi chiave del suo intervento, tradotto in italiano:
“La verità è comunione, la vita è condivisione, l’esistenza è coesistenza, il logos è dia-logos, la libertà è libertà comune. Nella Tradizione Ortodossa, quando, durante la Divina Liturgia, il celebrante innalza il pane e il vino perché diventino il corpo e il sangue di Cristo, offre questa potente preghiera: “In Te e per Te, a Te offriamo, in nome di tutti e per tutti”. La frase “in nome di tutti e per tutti” significa che non ci potrebbe essere alcun sacrificio, alcuna preghiera o glorificazione di Dio, se non includesse l’intero cosmo”.

“Se non siamo disposti a sacrificarci un po’, allora possiamo vivere le nostre vite senza nemmeno notare l’armonioso concerto cosmico, la sinfonia della bellezza che viene eseguita davanti ai nostri occhi e orecchie. In questa immensa orchestra, ogni dettaglio minuto gioca un ruolo critico; ogni aspetto banale contribuisce in modo essenziale alla melodia prodotta. Non è possibile rimuovere un singolo membro senza che l’intera sinfonia sia compromessa. Nessun essere umano, albero o animale, può essere sostituito senza che l’intera immagine venga distorta, se non distrutta. Quando inizieremo a sentire la musica di questa magnifica armonia, questo concerto di pace?”

I mistici di tutte le tradizioni hanno sempre compreso queste semplici verità. Hanno realizzato che una persona con un cuore puro, ispirata da virtù divine, può percepire una connessione con il resto della creazione. In questo, possiamo scorgere dei parallelismi tra il cristianesimo orientale e quello occidentale. Si può ricordare Serafino di Sarov (1754-1833) che nutre l’orso nelle foreste del nord; o Francesco d’Assisi (1181-1226) che contempla gli elementi dell’universo come suoi “fratelli” e “sorelle”. La stessa analogia può essere ritrovata nel poema epico del XII secolo “La Conferenza degli uccelli” e nella tenerezza verso tutta la natura, presente nella poesia di Rumi (1207-1273). Queste connessioni non sono semplicemente emotive; esse sono profondamente spirituali e ci offrono un senso di continuità e di comunione con tutta la creazione di Dio, fornendo allo stesso tempo un’espressione di identità e compassione con il mondo intero. Pertanto, l’amore per Dio, l’amore per l’uomo e la cura della pace e della creazione non possono essere disconnessi. Sebbene, in effetti, possa esserci una gerarchia di priorità, non esiste alcuna netta separazione tra di loro. La verità è che siamo tutti una sola famiglia – gli esseri umani e l’intero mondo vivente – e, insieme, tutti noi guardiamo a Dio Creatore”.

“A dispetto delle critiche alla religione come fonte di divisioni e fondamentalismi, non è la religione, ma di fatto è l’ideologia della “morte di Dio”, proclamata e celebrata da molti al giorno d’oggi, ad aver portato all’era più violenta mai vista nella storia dell’umanità, il ventesimo secolo. Quest’epoca è stata testimone di due guerre mondiali, numerosi genocidi, sanguinosi conflitti armati, prevaricazioni fra i popoli, la guerra fredda e le minacce nucleari. L’umanità si trova a un’impasse, senza aiuto e senza guida, quando “Dio è morto”.
Eppure, nella Bibbia ci viene insegnato che “il timore del Signore è l’inizio della saggezza” (Salmo 111:10)”.

“Tuttavia, come tutti sappiamo, oggi la paura può diventare uno strumento di violenza quando il radicalismo e il fondamentalismo – queste espressioni di uno “zelo non basato sulla conoscenza” (Rom. 10:2) – prendono il sopravvento sulla vera natura della religione, ovvero quella di mettere l’umanità in comunicazione con Dio, di guidare le genti alla profondità della verità, di ispirare relazioni fruttuose tra i popoli, e di portare a un cambiamento della mentalità e del modo di vivere, alla comprensione reciproca e alla fiducia..”.

Questo “timore di Dio” è diverso da quello inneggiato dall’estremismo. È un momento trasformante che racchiude in sé pace e libertà, coltivando virtù e cooperazione. Nella teologia cristiana, chiamiamo questo momento una conversione del cuore e della mente che porta alla comunione pacificata con Dio, col nostro prossimo e con tutta la creazione. Preghiamo affinché la rinnovata solidarietà e cura per le quali stiamo tutti lavorando diventino un’offerta sacra “in nome di tutti e per tutti”.

Celebrazione del “Ring of Peace” con Sharon Rosen, Mustafa Ceric, Gran Mufti emerito di Bosnia, e Samdech Tep Vong, Patriarca buddhista della Cambodia.