Sicurezza, Emirati Arabi, dialogo interreligioso e relazioni internazionali

Pubblicato il 11 luglio 2019

Sicurezza, Emirati Arabi, dialogo interreligioso e relazioni internazionali

Si è chiuso ieri 9 luglio 2019 a Roma. il ciclo di due incontri dove hanno dialogato Emirati Arabi Uniti, Ministero degli Esteri, NATO, OIM (Organizzazione Mondiale per i Migranti), JRS (Jesuit Refugee Service), COREIS e PISAI ospiti alla Camera dei Deputati e alla SIOI

Arrivato in Italia appositamente dagli Emirati Arabi Uniti, Ali Rashid al Nuami è un’autorità sapienziale islamica internazionale. È presidente del Consiglio Mondiale delle Comunità Musulmane (World Muslim Community Council) e di Hedaya, una rete attiva nella prevenzione al radicalismo: “Negli Emirati Arabi ebrei, cristiani, buddisti e indù portano grazie alla loro coesistenza un grande valore aggiunto per tutto il nostro Paese – ha affermato – Da molti anni lavoro in vari network internazionali di musulmani che collaborano anche a livello interreligioso per creare una contro-narrativa rispetto a chi strumentalizza i testi sacri. Dobbiamo trasmettere il vero messaggio di pace dell’Islam e di tutte le religioni, i valori comuni”.

Intervenuto l’8 luglio nella sala dei gruppi parlamentari alla Camera dei Deputati al convegno promosso dalla COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, Al Nuaimi è tra coloro che aveva preparato l’incontro di Abu Dhabi con Papa Francesco: “La venuta del Papa e la sua messa ad Abu Dhabi a febbraio non è stato un evento significativo solo per i cristiani degli Emirati o quelli venuti appositamente, bensì qualcosa di grande rilevanza anche per tutti i musulmani che erano presenti e hanno sostenuto l’incontro”.

E se alla Camera il tema era più legato alla Dichiarazione sulla Fratellanza di Abu Dhabi firmata da papa Francesco e lo Shaykh Al Tayyeb, alla SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) in piazza san Marco, l’argomento era più rivolto alla sicurezza: “Negli Emirati poniamo anche grande attenzione alla libertà di espressione, per non rischiare di legittimare la violenza delle parole: a volte basta un attimo per passare dalle parole ai fatti. Il fenomeno del terrorismo non è mai solo qualcosa di locale, ma va sempre affrontato tutti insieme, tra Oriente Occidente”.

Gli fanno eco le parole del Generale David Pincet, del NATO Defense College di Roma: “La NATO collabora molto con i paesi del golfo per fermare i traffici illegali e le varie forme di estremismo. Non si tratta infatti di un’azione unilaterale dell’Occidente verso Oriente, bensì congiunta. Il lavoro che ho avuto modo di fare anche in Afghanistan ci ha mostrato come sia assolutamente necessario un lavoro di conoscenza anche culturale, e non solo portare le truppe “on the ground”. Proprio di questo si occupa il NATO defense college di Roma, creato nel 1951 su richiesta del presidente Eisenhower e siamo felici della cooperazione con una realtà islamica in Italia come la COREIS, con la quale abbiamo realizzato incontri per far conoscere anche ad alcuni generali NATO da tutto il mondo le similitudini e differenze tra le religioni, ma anche la percezione delle religioni tra le religioni stesse. Sono stati promossi incontri dove generali arabi hanno scoperto da un rabbino di Israele la dottrina ebraica! Da questa conoscenza è emersa in modo chiaro la manipolazione delle identità che nasce a causa dei settarismi tra identità nazionali, religiose ed etniche”.

Per questo devono essere messe in atto strategie e programmi educativi nuovi, come affermato alla Camera dal Ministro Plenipotenziario Armando Barucco, Capo Unità Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri: “Siamo di fronte ad un momento storico nel quale il ciclo geopolitico cambia e deve essere aggiornato. Con il Ministero degli Esteri collaboriamo da anni anche con la COREIS Italiana, assieme all’ISPI e alla Academy of Religion, per aggiornare il modo in cui le religioni dialogo fra loro e soprattutto danno il loro contributo alla società contemporanea, nella prevenzione ad ogni forma di radicalismo”.

Un tema toccato più volte dal presidente della SIOI, già presidente della Commissione Europea e ministro degli Esteri, Franco Frattini: “Per la prevenzione e la sicurezza si devono conciliare anche tutela dei diritti delle persone sospettate. Si deve inoltre agire a livello delle carceri, dove sappiamo che si creano gruppi estremi. Anche in questo ambito è stato fatto un grande lavoro con la COREIS, che ringrazio, avendo avuto l’onore di conoscere il fondatore e uomo straordinario Shaykh Abd al Wahid Pallavicini. Ringrazio inoltre gli Emirati Arabi come modello di convivenza tra diverse culture e religioni in una regione dove gli equilibri sono molto delicati”.

Questo esempio di armonia negli Emirati Arabi è stato evidenziato alla SIOI anche da Maryam Turrini della COREIS, dottoranda in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, che ha presentato la sua ricerca “United Arab Emirates: dialogue and international security”.

“Occorre che sia i leader religiosi ma anche i leader politici insieme – ha affermato alla Camera il presidente della COREIS, imam Yahya Pallavicini – non abusino della religione nelle loro narrative. Anche il concetto di “minoranza” non può essere strumentalizzato per creare dei “double standard” di diritti, come sostenuto anche dal direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, a seguito dell’incontro di Abu Dhabi con il Papa”.

“La dichiarazione sulla Fratellanza di Abu Dhabi ci dà l’esempio di una rinnovata coscienza globale per la solidarietà – ha sottolineato in questo senso don Aloysious Mowe, gesuita dalla Malesia, membro del JRS Jesuit Refugee Service – Negli ultimi anni il numero dei rifugiati nel mondo è cresciuto moltissimo; nel solo 2018 erano 41 milioni in fuga da guerre o carestie, e principalmente da cinque paesi soltanto: Siria, Afghanistan, Bangladesh, Somalia e Myanmar. Quasi tutti sono musulmani e questo ci deve far riflettere sulla vicinanza che dobbiamo mostrare loro come cristiani. Papa Francesco ha parlato a Lampedusa del rischio di perdere il senso di umanità, richiamando alle domande di Dio nella Genesi: “Adamo dove sei? Caino dov’è tuo fratello?”. Se si continuano a costruire muri in Europa, allora rischiamo che il nostro il cristianesimo sia solamente un vuoto vascello”.

“Esistono attualmente nel mondo 258 milioni di migranti, nei quali rientrano però tantissime categorie di persone, anche professionisti e non solo poveri, e non c’è alcuna prova scientifica di legame tra il terrorismo e l’immigrazione – ha evidenziato la Dott.ssa Paola Alvarez dell’OIM, Organizzazione Internazionale Migrazioni, Programmi Mediterraneo – Ci rendiamo conto che questa è anche una grande opportunità per mettere in pratica la fratellanza? Si tratta di un fenomeno intrinseco ad ogni società. Con la COREIS e l’Associazione delle Università Europee lavoriamo con i giovani sul tema dell’armonia fra le religioni, creando comitati di studenti con background migratorio per favorire la loro integrazione e il riconoscimento degli studi”.

“Il documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi manda dei segnali fondamentali su un tema come la fratellanza, che è la base per comprendere anche i valori civili dell’uguaglianza e della libertà – ha aggiunto don Valentino Cottini del PISAI, Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica – Il profeta Osea riporta le parole di Dio: “Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza”. Il Documento di Abu Dhabi prende proprio la conoscenza reciproca come metodo per promuovere una maggiore fratellanza. Inoltre, si afferma come le religioni non devono essere necessariamente una “maggioranza” per poter dare il loro contributo. Come afferma papa Francesco, devono piuttosto essere stimolo, profezia, spina nel fianco”.

“Forse l’incontro di Assisi del 1986 è stato una prima apertura che ha portato poi fino a quello di Abu Dhabi del 2019. Da allora anche nel mondo islamico internazionale ci sono stati molti aggiornamenti e reazioni, dalla Lettera di Ammam, alla Common Word, anche con ISESCO e il KAICIID, fino alla Marrakesh Declaration o il movimento della Wasatiyyah in Indonesia. Questi sono importanti segnali, alla cui promozione abbiamo partecipato come COREIS, di costruzione di contro-narrative per contrastare il monopolio di abuso politico della religione. Tutto questo prevede una grande disciplina e lavoro insieme perché non c’è un modello magico con taglia e copia uguale per tutti. Grazie agli incontri di questi giorni abbiamo scoperto ancora di più l’importanza di costruire un Islam europeo per non lasciar spazio a ibridi identitari”, ha concluso l’imam Pallavicini.

La vicepresidente della Camera dei Deputati, Mara Carfagna, ha così riassunto in un suo messaggio il senso dell’incontro: “Il lungo periodo di pace e benessere che in Europa è seguito al secondo conflitto mondiale e alla caduta dei totalitarismi è stato certamente il frutto dell’azione di grandi movimenti popolari democratici, di eminenti personalità, come Schumann, De Gasperi, Adenauer, e di scelte politiche decisive verso una progressiva unità del Continente. Ma è stato anche frutto della volontà di tutte le religioni di incontrarsi e di parlarsi, di rivedere criticamente alcune scelte del proprio passato, aprendo così strade di dialogo prima impensabili. Vi è stata la ricerca di un patrimonio comune di valori spirituali, con l’obiettivo di conoscersi e di accettarsi a vicenda, malgrado le differenze, con reciproco rispetto e comprensione, con una comune e categorica condanna della violenza, soprattutto quella perpetrata in nome della religione, ovunque e da chiunque venga praticata”.


Il 9 luglio è stata inoltre inaugurata nel Chiostro di Palazzetto Venezia in piazza San Marco la mostra “Un incontro raccontato nella storia – Otto secoli di iconografia di Francesco e il Sultano”, realizzata in occasione dell’ottavo centenario dell’incontro tra San Francesco di Assisi e il sultano Al-Malik Al-Kamil. La mostra rimane aperta fino alla fine di luglio (dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 17).

Rassegna stampa

AGENSIR

« Credo questo modello che gli Emirati cercano di sviluppare – ha infine dichiarato – possa avere delle ricadute positive sia per quanto riguarda alcune questioni di carattere regionale come le difficoltà con Qatar, Iran, ma anche a livello internazionale, come ponte tra Oriente e Occidente »

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IN TERRIS

«Tra gli attori internazionali “negli ultimi 5 o 6 anni si è talmente affermata l’importanza della conoscenza del fenomeno religioso e la consapevolezza del suo ruolo nelle relazioni internazionali” che ormai le due sfere non si possono più scindere l’uno dall’altro»

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AGENSIR

« E’ proprio sul ruolo cruciale svolto dagli imam che si è soffermato Al Nuaimi, dichiarando che “la loro formazione è fondamentale non solo per un aggiornamento teologico, ma soprattutto per aiutarli, in quanto guide spirituali della comunità, a far fronte alle nuove sfide della società »

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LE FORMICHE

« Al di là di ogni considerazione sulla leadership politica (non mancano certo contraddizioni e violazioni frequentemente condannate da Amnesty International), sono le statistiche a fare degli Emirati Arabi Uniti un unicum nella regione per rispetto dei diritti umani e delle libertà civili. “Il 78% degli studenti della nostra principale università è composto da donne »

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AGENSIR

« Dobbiamo però essere consapevoli che nessuna religione può essere usata come strumento politico. La fratellanza musulmana, la Shari’a iraniana, sono realtà in cui la religione è invece usata come strumento di potere. Per questo dobbiamo far comprendere sempre di più che vi è una netta distinzione tra fede e questioni secolari »

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