Sermoni

Catastrofe

Quando verrà la Suprema Catastrofe

Surat al-Nazi’at, gli esseri strappanti. LXXIX: 34


Con il termine Tamma viene tradotta la Catastrofe, la Calamità. La radice del verbo Tamma significa “essere abbondante” come una piena che innalza ogni cosa e rappresenta la più tremenda azione perché la sua azione è sovrabbondante su ogni cosa. Nessun argine, nessun ostacolo, nessun antidoto, nessun genio può mai opporsi a questa piena sovrabbondante che devasta e assorbe ogni cosa nella propria forza.

I sapienti danno come interpretazione di questo termine e di questa immagine il suono della seconda tromba quando tutte le creature e i jinn sono chiamati a raduno, altri lo intendono come la Resurrezione proprio secondo il suo senso letterale di sradicare, far emergere e sovrastare ogni cosa. Altri ancora vedono in questo termine della Rivelazione la distribuzione dei dannati all’inferno e dei beati nel Paradiso. Qualunque di queste sfumature possa corrispondere al termine, i credenti hanno certezza del compimento di questa Suprema Catastrofe.

Ma di cosa hanno certezza su questa Catastrofe? Ammesso che vi sia certezza e fede in questa Catastrofe, in che cosa consiste di così terribile? Perché la distribuzione dei beati e dei dannati dovrebbe rappresentare un segno così catastrofico? Perché la sovrabbondanza della piena evidenza dell’Ordine di Allah dovrebbe manifestarsi come una Catastrofe alla fine dei tempi? E per tutti?

Per coloro che avranno vissuto nella radicale disobbedienza alla Natura dell’Ordine di Allah, la Catastrofe sarà una evidenza rispetto alla loro illusione di una esistenza distante da ogni corrispondenza con la Verità del Principio Metafisico. Essi “vedranno” l’inesistenza di tutto ciò che hanno pensato e non pensato, detto e non detto, fatto e non fatto, costruito e distrutto e “vedranno” la Forza dell’Essere come una Calamità che azzera la catastrofe della loro inutile vita in un mondo inesistente rispetto alla Piena della Sovrabbondanza divina.

Per coloro invece che avranno creduto e praticato una via religiosa, la Catastrofe sarà la resa dei conti secondo criteri che essi non avrebbero mai immaginato per metodo e ritmo, la Catastrofe della loro mentalità che sembrava ridurre la Onnipotenza di Allah in un loro sistema di interpretazioni e deduzioni fatto a misura del pensiero e del sentimento umano. Ciò che salverà questi credenti sarà la natura della fede, una fede che supera l’immaginazione e l’istinto, la decadenza e la speculazione.

Infine, per coloro che avranno ricercato qualcosa che fosse sovrannaturale e sovrarazionale, qualcosa che fosse veramente profondo, ampio, elevato e pregnante nella sua prospettiva spirituale, perché questo istante deve corrispondere ad una Catastrofe? Non potrebbero piuttosto avere conferma della dimensione della intimità e beatitudine divina che hanno realizzato in purezza d’intenzione e di atti? In altre parole, come sarà il momento della Catastrofe per coloro che hanno conosciuto Allah? Devono forse temere a loro volta questa sovrabbondanza?

Evidentemente sì! Pur essendoci una misura differente di sensibilità rispetto alla Grande Catastrofe della Fine per i miscredenti, i credenti e i conoscitori della Verità Assoluta, la Sovrabbondanza della Volontà divina sulle apparenze dei differenti livelli, piani e sfumature della realtà sarà veramente devastante al punto tale che nessun livello di fede e certezza potranno rimanere senza stupore e timore della Realtà dell’Onnipotenza di Allah.

Dunque sarebbe una mera illusione meditare sull’entità della Catastrofe mentre conviene per i credenti e i ricercatori della Grande Pace meditare sul rapporto con il timore divino che non ha nulla a che vedere con sensazioni, percezioni o immaginazioni e pensieri ma rappresenta un’attenzione spirituale per l’escatologia, una profonda tensione metafisica al ritorno nel non manifestato, al riassorbimento presso il Signore dei mondi, Misericordioso nella trascendenza e nell’immanenza, il Re del Giorno del Giudizio.

La Ragione per l’anticipazione della Catastrofe è dunque sensibilizzare alla tensione di questo incontro finale con l’Assoluto e il termine di ogni relatività reale, superficiale o artificiale. Coltivare un’attenzione verso la Sua Sovrabbondanza e cessare le ambizioni di ricchezza o le lamentazioni per la povertà. Si tratta di imparare a vivere il mistero della relatività autentica di ogni spazio e tempo in funzione costantemente e progressivamente di una Conoscenza dell’Onnipotente nella Misericordia e nella Catastrofe. Vivere una dinamica sul piano specifico e provvidenziale delle forme e cogliere il simbolo e l’essenza inerenti all’azione come chiavi di una occasione di Rivelazione dell’Onnipotente nella Misericordia e nella Catastrofe. E temere di non saper ritrovare l’evidenza della forma, del simbolo e dell’essenza e temere di non poter inventare alcuna corrispondenza primordiale senza il concorso dell’Onnipotente nella Misericordia e nella Catastrofe. E scoprire nella necessità di una operatività esteriore e responsabile il segreto della Sovrabbondanza della Presenza di Allah nell’Interiore e nell’Esteriore.

Cari fratelli e sorelle,

preghiamo per l’anima di Franca, la madre di sidi Yusuf Abd al-Hakim.

In verità la morte è la migliore anticipazione del segno della Catastrofe. La morte è l’azzeramento del legame e del distacco. Ciò che è catastrofico per l’abitudine di coloro che rimangono nel piano della manifestazione è proprio questo improvviso e radicale azzeramento di ogni legame e di ogni distacco. Solo ad Allah apparteniamo e a Lui Solo facciamo ritorno e tutto il resto è azzerato con una istantaneità e forza da evocare una catastrofe, la chiusura di un ciclo, il termine di una relatività, la scomparsa di una anima. Ora le piccoli catastrofi si differenziano dalla Grande Catastrofe perché la Misericordia di Allah concede ancora un tempo per assimilare il richiamo e lavorare per l’Eterno. Quando la Grande Catastrofe arriva sarà invece evidente la scomparsa dello spazio e del tempo a beneficio della permanenza della visione di Allah che opera la Catastrofe dei mondi e il giudizio definitivo delle anime con la scomparsa della umana ragione e l’incisività solo dell’Intelletto agente.

Cari fratelli e sorelle.

ben trovati dal ritorno da Gerusalemme, il luogo dove già ora i segni della Catastrofe si rendono accessibili a coloro che sanno temere e riconoscere alcuni elementi.

Un primo elemento è stata la sosta che abbiamo fatto alla piccola moschea del principe dei credenti, il califfo ‘Umar (), il luogo della preghiera che sanciva il rispetto delle giurisdizioni spirituali, religiose e rituali, senza miscugli e sopraffazioni ma con alleanze che dipendevano da Allah, sotto la benedizione del sigillo della Profezia e nel riconoscimento dell’autorità e dell’amministrazione del potere temporale di matrice islamica. A poca distanza dal luogo del Santo Sepolcro c’è questa piccola moschea rimasta semplice, a testimonianza di una essenzialità e di una vicinanza tra i luoghi sacri che richiama al nucleo del centro spirituale e alla sintonia con il carattere della pura contemplazione ma anche della significativa attenzione tra gli ambiti e le forme tradizionali. Tutto questo durante la Grande Catastrofe sarà riassorbito, le giurisdizioni e le forme scompariranno e saranno irriconoscibili secondo la loro identità perché avranno esaurito il loro compito di orientare ciò che era relativo e finito verso Ciò che resta Assoluto e Infinito.

Nel nostro percorso ci siamo imbattuti nei punti della terza e quarta e quinta stazione della Via Dolorosa di Gesù. Capite, stazioni rimasti come luoghi di pausa e preghiera per i fedeli cristiani in pellegrinaggio che cercano di ripercorrere un itinerario particolare dell’insegnamento di Gesù.

Se abbiamo potuto studiare bene, la terza stazione è quella della prima caduta di Gesù con la croce, la quarta stazione è il suo incontro con sua madre e la quinta è la stazione nella quale viene aiutato a portare la croce da qualcun altro.

Ma se Allah avesse voluto, vedendo ‘Isa () costretto a portare la croce per le vie dolorose di al-Quds, non avrebbe dato ordine di far arrivare la Grande Catastrofe? E in verità si dice che il cielo cambiò radicalmente al termine delle stazioni in questa via dolorosa incutendo un profondo timore e una evidente consapevolezza dell’errore di questo doloroso spettacolo a tutti i presenti.

Dunque si cade e si dice che si sia caduti per tre volte e ci sono quindi momenti di pausa indotta non dalla propria volontà ma dalla necessità di sancire una impossibilità di proseguire e contenere le forze e il peso della Rivelazione e dell’incomprensione umana. E poi ci sono pause di altro ordine, stazioni di incontro, riconoscimento e saluto, il figlio con la madre, il Profeta e la prima credente, la purezza e la purezza, ‘Isa e Maryam (). Non è una Catastrofe questo incontro? Quali regole restano in piedi, la Legge, la Giustizia, l’Amore, la discendenza, il servizio, l’educazione, la storia, non resta solo la Certezza del gusto del Volere di Allah e il timore per la Sua Conoscenza? E chi è nella stazione successiva l’uomo che si fa carico di portare la croce, non è un parente, non è un compagno, non è un discepolo, non c’è molta riflessione su questo uomo, un passante che non si ferma a osservare o a contemplare ma agisce, reagisce, si fa carico di parte del peso della croce con e come Gesù. E se fosse lui colui che fu reso simile a lui e che è stato sacrificato al suo posto e se il teatro sacro avesse operato una sostituzione per l’estremo sacrificio per rimandare la Grande Catastrofe passando da una catastrofe minore, non è questo un possibile mistero sulla morte e la vita?

E noi quanto siamo lontani dalla via dolorosa e quanto siamo distanti nell’osservare o pregare per un miracolo minore e quanto siamo pronti a reagire e accompagnare la maestria nella dinamica dell’interiore e dell’esteriore? Quale catastrofe temiamo veramente, quella dell’esistenza, quella della ragione o quella Grande?

L’ultimo segnale era quello di un uomo che lavorava da solo sulla Roccia all’interno del Tempio della Roccia. Puliva la Roccia con alcuni secchi e uno spazzolone, si spostava su un tappeto dove poggiava le sue ginocchia per detergere la parte della Roccia che era dedicata al suo lavaggio e pulizia e proseguiva così spostando il tappeto e se stesso in una opera che sembrava relativamente breve se consideriamo lo spazio integrale della Roccia ma che sembrava incredibilmente lungo se consideriamo l’attenzione che l’uomo dedicava al piccolo spazio che doveva pulire, momento dopo momento, decimetro dopo decimetro. L’opera di pulizia della Roccia ci sembrava interminabile seguendo il ritmo del lavaggio mentre ci sembrava imminente per la speranza di vedere tutta la Roccia secondo un nuovo splendore. Da quella Roccia il Profeta si era ritrovato con gli altri Profeti, avevano pregato insieme e lo avrebbero risalutato nelle stazioni dei cieli superiori. Vicino a quella Roccia una Bestia alata era stata legata dal sigillo della profezia e su quella stessa Roccia Ibrahim e suo figlio Ismail realizzarono insieme il segreto della loro parentela nella profezia. E su quella stessa Roccia stava ora un giovane con tappetino, secchiello e spazzolone a lavare metro dopo metro lo spazio della Roccia custodito dalla moschea. Ditemi voi, qual è l’insegnamento da cogliere se abbiamo a cuore non solo la certezza ma l’attenzione per la Grande Catastrofe?

Una cosa importante voi tutti la sapete, da questo piazzale delle moschee a poca distanza dalla Roccia e dalla moschea al-Aqsa si vedono due portali chiamati d’oro che si affacciano sul monte degli ulivi e su una spianata di tombe. Queste porte sono chiuse fisicamente ancora adesso perché si tramanda che saranno aperte al ritorno di s. ‘Isa () nella sua vittoria finale contro il dajjal (a’udhu billahi min al-shaytani al-rajim).

Si tratta della Grande Vittoria che precede di poco tempo la Grande Catastrofe e si combatte fuori dalle mura e prima dell’ultima preghiera dell’imam al-mahdi.


Imam Yahya