Sermoni

Anima Pacificata

O anima pacificata – torna dal tuo Signore soddisfacente e soddisfatta – così entra fra i Miei servi – entra nel Mio Paradiso

Surat al Fajr, l’alba. LXXXIX, 27-30


O credenti benvenuti a questo jumu’a sul Ridwan, la soddisfazione di Allah, SwT, che si riflette nell’anima soddisfatta e pacificata. Ogni anima fa ritorno al proprio Signore poiché in Verità ad Allah apparteniamo e a Lui facciamo ritorno, inna lillahi wa ilayhi raji’un.

Ma non tutte le anime ritornano nello stesso stato primordiale da cui hanno avuto origine. La Rivelazione in questo versetto fa riferimento ad una anima particolare, l’anima pacificata, al-nafsu al-muTmainna, una anima che ha realizzato la vera Pace.

Si tratta secondo i maestri musulmani della Pace che l’Islam esprime nella pacificata accettazione della Volontà di Allah, il riconoscimento dell’Ordine Superiore di Dio, il servizio alla Sua infinta Onnipotenza, ciò che i maestri cristiani chiamano la subordinazione operativa alla Signoria dello Spirito.

Quando questo ricollegamento e questa gerarchia tra al-Ruh e al-Nafs, tra Spirito e Anima, ritrovano la loro relazione armoniosa, progressiva e costante, allora l’anima trova pace, ritrova la sua vera natura e funzione, esaurisce gli stimoli per le passioni materiali o per le suggestioni sottili, estingue le distrazioni da ciò che non è Verità. Allora l’uomo e la donna scoprono l’anima pacificata, l’anima governata dal respiro dello Spirito.

Secondo alcuni maestri musulmani una relazione simile è quella che lega l’Intelletto, al-‘aql, e il pensiero, al-fikr. L’essere pensante è infatti colui che riesce a realizzare una trasparenza rispetto all’Intelletto Primo, il pensiero diventa il raggio di una Luce che parte da una Intelligenza Superiore, quella del Signore dei mondi, il Creatore dei cieli e della terra e di ciò che c’è tra di essi.

Il raggio di luce è esso stesso luce proprio come il pensiero è intelligenza e così anche la soddisfazione dell’anima è il riflesso della Soddisfazione di Allah. La scienza dell’Unità, ‘ilm altawhid, disciplina proprio la dottrina islamica del ricollegamento e delle corrispondenze tra il mondo superiore e i piani inferiori senza che ci possa mai essere veramente alcuna confusione ne separazione bensì distinzione e legame.

Così ogni anima torna al proprio Signore e in questo ritorno ritrova la Grande Pace ma vi sono anime che sanno mantenere, scoprire, e sviluppare questa Pace già durante la vita in questo mondo.

Si tratta di “grandi anime” che sanno disporsi all’apertura spirituale senza mai venire meno alla coerenza e alle responsabilità, al servizio e alla testimonianza, relativamente alle forme e al tempo di questo basso mondo. La loro grandezza consiste in un irradiamento di Luce, Intelligenza e Fraternità che sa superare le convenzioni ma anche gli anticonvenzionalismi sulla qualità, sulla razionalità e sulla personalità. Ciò che rende queste anime straordinarie non è, come pensano gli arroganti e gli ambiziosi, la sapienza o la genialità o la sete di un riscontro ma l’autorità di superare il livello mediocre nel quale l’uomo tende a identificare o persino a glorificare se stesso per invece richiamare, ricordare, in tempi ultimi, l’attualità e l’orientamento alla fede vissuta integralmente nel Nome di un Principio Unico e Superiore e secondo il modello della Profezia.

È Allah e la Sua infinita Misericordia e Amore a elevare l’animo umano e guidarlo alla scoperta di Se Stesso e del Suo Segreto. È la Profezia a guidare una interpretazione della lettura della Rivelazione che sappia esprimere un beneficio esteriore ed interiore, un ampliamento e un approfondimento della conoscenza. È questa straordinaria combinazione tra la discesa di Allah nel cuore e lo svuotamento dell’anima individuale dalle potenze dell’illusione a creare un’alchimia che scioglie e lega l’uomo e la sua anima a Dio. Così avviene la liberazione e così si compie il servizio fecondo, così si entra nel Paradiso!

Accordaci, o Signore, questa grande Pace, rendi la nostra anima soddisfatta di un ritorno all’essenza che possa realizzarsi prima ancora dell’ultimo viaggio ultraterreno, il nostro ritorno finale alla Sacra Dimora della Presenza di Allah.

Carissima saida Nuriyyah, cari fratelli e sorelle, cari amici, una tradizione islamica narra che gli angeli si rivolgono nel Giorno della Resurrezione alle grandi anime di coloro che hanno realizzato una unione nella devozione perenne con Allah (munfaridun) dicendo loro: “Procedete verso le vostre dimore dell’eterno riposo in Paradiso!”. Ma le grandi anime rispondono: “Che cosa è il Paradiso per noi che abbiamo dedicato noi stessi alla concentrazione su di Lui, essendo dotati di una comprensione d’eccezione che l’Altissimo ci ha affidato? Noi non desideriamo altri che Lui, questa è l’unica Vita veramente buona (hayat tayyiba)”.

Secondo lo shaykh al-Tustari, radyAllahu ‘anhu, ci sono due gradi di Paradiso, il Paradiso come Giardino e il luogo della vita nella Vita (hayat bi-hayat) uno spazio “consustanziale” nella permanenza con l’Eterno Presente. Questo posto è la residenza finale dell’anima pacificata, nafs alruh, la dimora delle anime soddisfatte nella Soddisfazione operativa e benedicente di Dio, una residenza dalla tranquillità assoluta (sukun), la Sacra Casa della compagnia degli amici di Allah (awliya’), coloro che sono i Suoi servi nel Vero (haqqan).

Secondo lo shaykh Jalal al-din al-Suyuti, radyAllahu ‘anhu, la condizione esteriore di queste grandi anime “corrisponde perfettamente al modello del vero credente”. Questo modello quando si manifesta assume una portata universale che incide nelle coscienze e nelle conseguenze di coerenza e di fedeltà di tutti gli esseri e investe la famiglia, la comunità religiosa, il patrimonio privato e la proprietà intellettuale, ogni aspetto della vita visibile ed invisibile, tutto viene orientato, ordinato, unito e riassorbito nella Conoscenza e nel Riconoscimento, nella Custodia e nella Testimonianza, nel Ricordo e nel Timore, nella Pazienza e nella Gratitudine, nella Fede e nel Perdono di Allah e del Suo Profeta.

Oggi è un giorno speciale, ai vivi e ai presenti ci viene concesso l’onore di salutare per l’ultima volta un conoscitore di Allah riconosciuto da Allah, un polo spirituale irriconoscibile per la gente indifferente al Sacro, un maestro di una Via “come le altre”, se consideriamo la tradizione, ma ben diverso da molti altri se consideriamo i falsi maestri dell’antitradizione, un uomo di Principio che sapeva ben richiamare al senso della Realtà e al decondizionamento dalla psicosi collettiva e dagli automatismi della mentalità dominante, un difensore dell’Unità e dell’Unicità della Verità ma anche dell’unità della comunità e delle rispettive identità sacrali, un testimone della Metafisica vissuta per la quale sola vale veramente la pena di vivere integralmente ogni battito e ogni soffio, un rigoroso e irruento interprete dell’imminenza escatologica mosso dalla sollecitudine cristica e preoccupato dalla deriva di un nuovo umanesimo pseudo-cristiano che misconoscesse il Mistero della seconda e ultima venuta di Gesù annunciata anche nella dottrina islamica come “segno dell’Ora”, un erede della lungimiranza della profezia che supera la sapienza dell’istmo dei due mari in virtù di una sensibilità Khidrica che uccide il drago con lo sguardo proteso alla immagine benedicente della Vergine Maryam, un rinnovatore di una pratica contemplativa dell’ortodossia dell’esoterismo islamico di cui non erano rimasti segni in Italia dai tempi di Dante e Federico II, un intellettuale della sovra razionalità che non poteva rientrare nella limitazione degli schemi scientifici della moderna accademia, se non per la sensibilità di qualche docente d’eccezione, un fondatore dell’Islam Italiano che non poteva rientrare nella limitazione degli schemi giuridici delle Istituzioni del Governo di turno, se non per la sensibilità di qualche funzionario e politico d’eccezione, un uomo d’eccezione per la sua universalità di cui veniva accusato per non rendersi “compatibile” con gli standard del “main stream” della cultura profana, un marito, un suocero, un nonno, un padre, amorevole e “impossibile”. Lui stesso si definiva, per esorcizzare le possibilità negative presenti in ogni uomo, “una bestia” e si preoccupava di aver forse esagerato ogni tanto causando qualche suscettibilità nella tenuta intollerante del “sistema” e di molti suoi interlocutori incapaci di intendere e di volere secondo la prospettiva di una autentica conversione e di una iniziazione per Allah e il Suo Profeta, pronti a tradire il processo dell’Accordo sui Principi per una vanagloria alternativa o una ipocrisia intellettualistica o per una mediocrità della religione intesa a proprio uso e consumo o per una pace solo sentimentale, “come la dà il mondo”.

Il suo maestro, lo shaykh Ahmad ibn Idris al-Hasani al-Fasi, radyAllahu ‘anhu, scriveva: “Noi, siamo ospiti nella terra di Dio e gli ospiti devono comportarsi come tali nei confronti del loro Ospite”. Che Allah e il Suo Profeta accompagnino l’anima dello shaykh Abd al-Wahid presso l’Ospite, alla stazione dei pacificati e soddisfatti, nel consiglio degli eletti, vicino alla dimora di sayidna ‘Isa, ‘alayhi al-salam, perché ha saputo “rivivificare lo Spirito e non la lettera che uccide”.

Un mio nobile amico, discendente del Profeta e delegato del Re Hashemita di Giordania, scriveva: “Ciò che trovo rimarcabile dello shaykh Abd al-Wahid Pallavicini è la sua sincerità, la sua dignità, la sua insistenza sull’estinzione, sulla verità religiosa, sulla ortodossia della dottrina tradizionale e sul metodo spirituale. Posso a fatica immaginare il coraggio morale necessario per un giovane aristocratico italiano di 25 anni di entrare nell’Islam (nel 1951) sull’ispirazione di praticare l’esoterismo islamico, poi sposare una donna giapponese e venire ostacolato dalla sua eminente famiglia e ciò nonostante rimanere fedele all’Islam e all’invocazione di Dio per oltre 60 anni – ma questa è la vera storia di questo saggio degli ultimi giorni”.


Imam Yahya